La forma del contratto di agenzia dopo il D.Lgs. n. 65/1999
L’art. 1 del D.Lgs. n. 65/1999 ha sostituito il secondo comma dell’art. 1742 c.c. con il seguente testo: “Il contratto deve essere provato per iscritto. Ciascuna parte ha diritto di ottenere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Tale diritto è irrinunciabile”.
Dalla nuova formulazione è dato ricavare che la forma scritta è inequivocabilmente stabilita ad probationem.
Come stipulare il contratto di agenzia
Tenuto conto di quanto in precedenza esaminato, le parti hanno tutto l’interesse a stipulare per iscritto il contratto in ogni sua clausola e negli allegati, ed a pretenderne una copia sottoscritta dall’altra parte.
La forma scritta dovrà essere utilizzata anche per le eventuali modifiche ed integrazioni.
Il contratto di agenzia viene comunemente individuato come “mandato”, una terminologia evidentemente mutuata dal contratto di commissione. Esso può essere il risultato di una trattativa, riportato su un documento sottoscritto da entrambe le parti.
Di norma, però, è il preponente a predisporre un contratto-tipo con condizioni generali di contratto; in tal caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, quelle condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria (art. 1341 c.c.)
Se, poi, il contratto viene concluso mediante la sottoscrizione di moduli e formulari predisposti, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle degli stessi qualora incompatibili con esse, anche se queste ultime non sono state cancellate (art. 1342 c.c.)
Per quanto riguarda la competenza territoriale bisogna però ricordare che la deroga non è ammessa (e pertanto è nulla) anche in caso di approvazione specifica, perché vale la regola inderogabile dell’art. 413, quarto comma, c.p.c. secondo cui è competente solo il giudice del luogo nel quale l’agente ha il proprio domicilio.
Ciò vale esclusivamente per gli agenti individuali parasubordinati; per gli altri permangono le regole generali.
La forma più comunemente usata è quella dello scambio di corrispondenza; le clausole contrattuali sono trascritte nella lettera-proposta. In questo caso il contratto si ha per concluso non nel momento in cui l’altra parte esprime la propria accettazione, ma quando l’accettazione medesima viene a conoscenza di chi a fatto la proposta (art. 1326, primo comma, c.c.).
Allo stato attuale – per quanto dispongono gli A.E.C. – devono essere contenuti nello stesso documento:
— il nome delle parti;
— la zona assegnata;
— i prodotti da trattare;
— la misura delle provvigioni e dei compensi in genere;
— la durata, se si tratta di contratto a tempo determinato;
— il riferimento alle norme dell’accordo collettivo, che normalmente avviene per tutto quanto non esplicitamente disciplinato nel contratto individuale.
Nel contratto possono, ed anzi debbono, essere esplicitamente formulate le clausole che regolano particolari istituti normativi, già individuati nell’accordo collettivo (la previsione dell’addebito del campionario con indicazione del relativo valore; l’incarico di riscossione di somme e le modalità; l’incarico di coordinamento degli agenti in una determinata area), oppure voluti dalle parti individuali (periodo di prova, risultato minimo, clausola risolutiva espressa, scadenza del preavviso, foro territorialmente competente quando consentito).
Il contratto a tempo determinato
Il contratto è a tempo determinato quando le parti stabiliscono il momento nel quale cesserà di avere efficacia
Alla scadenza contrattualmente prevista il rapporto si risolve automaticamente senza necessità di alcuna preventiva comunicazione
Fino a tale momento le parti saranno però vincolate, e non potranno recedere dal contratto, salvo il caso di grave inadempimento dell’altra parte o di giusta causa, oppure che vi sia l’accordo di entrambe di sciogliere il contratto (per mutuo consenso) prima della scadenza.
Premesso che una valutazione circa l’opportunità di stipulare un contratto a tempo determinato deve essere effettuata caso per caso, riteniamo che la fissazione di un lungo termine di durata sia sconsigliabile.
Infatti i motivi che possono indurre le parti a sciogliere il rapporto possono essere molteplici e non dovuti al solo inadempimento della controparte. Si pensi ad esempio al caso in cui il preponente riceva proposte da altri agenti meglio introdotti nel mercato i quali possano garantire maggiori volumi di affari oppure al caso in cui il preponente decida di vendere i propri prodotti in una determinata zona, già assegnata ad un agente, tramite una società da lui controllata o un concessionario di vendita.
Una situazione analoga si può presentare per l’agente, ad esempio nel caso in cui, vincolato da un patto di esclusiva con il preponente, riceva un’offerta per promuovere la vendita di prodotti concorrenti.
Nel contratto a tempo indeterminato, come vedremo, le parti sono invece libere di sciogliere il contratto in qualsiasi momento dando all’altra parte un congruo preavviso (e fatto salvo l’eventuale diritto dell’agente al pagamento dell’indennità di fine rapporto).
Il contratto a tempo determinato non è, quindi, come spesso ritengono le parti, un contratto meno “vincolante” o meno “stabile” di un contratto a tempo indeterminato: se il termine di durata è particolarmente lungo, le parti potranno essere “legate”l’una all’altra per un periodo superiore rispetto a quello di un contratto a tempo indeterminato dal quale esse potranno recedere con un preavviso di alcuni mesi.
Le parti ricorrono spesso al contratto a tempo determinato tacitamente rinnovabile, sempre a tempo determinato, in mancanza di disdetta entro un certo termine di preavviso. In tale caso il contratto rimane a tempo determinato (si prevede sia la durata iniziale sia la durata dei successivi rinnovi), e si applica quindi la disciplina di tale contratto Generalmente nei contratti a tempo determinato tacitamente rinnovabili vengono indicati termini di durata (iniziale e successiva) più brevi, limitando così gli inconvenienti sopra descritti propri dei contratti di lunga durata.
Gli A.E.C. dispongono che al contratto a tempo determinato si applicano le disposizioni degli accordi stessi in quanto compatibili con la natura di tale rapporto, fatta esclusione per quella relativa al preavviso.
Inoltre nei contratti di durata superiore a 6 mesi il preponente è tenuto a comunicare all’agente l’eventuale disponibilità al rinnovo o alla proroga almeno 60 giorni prima della scadenza del termine.
In caso di recesso ingiustificato in corso di rapporto valgono le norme di diritto comune: la parte recedente è tenuta nei confronti dell’altra al risarcimento del danno
La determinazione di quest’ultimo è di norma piuttosto agevole quando inadempiente è il preponente, dovendosi semplicemente valutare il compenso che l’agente avrebbe percepito ove il contratto fosse proseguito fino alla sua naturale scadenza, sia pure tenendo conto dei principi di cui all’art. 1227 c.c. e, in particolare, della possibilità di detrarre quanto l’agente percepisce, nello stesso periodo di mancata prestazione, per l’esercizio di un’attività che si prospetti come “sostitutiva”
Meno agevole è la prova del danno subito dal preponente, mancando un parametro parimenti preciso; proprio per tale motivo molto spesso la liquidazione avviene in via equitativa, eventualmente facendo riferimento al preavviso al quale l’agente sarebbe stato tenuto ove il contratto fosse stato a tempo indeterminato.
Non sono invece applicabili al contratto di agenzia a tempo determinato gli istituti del preavviso e della relativa indennità sostitutiva ancorché, in mancanza di allegazione e prova della loro simulazione, si siano succeduti, senza soluzione di continuità, più contratti a termine.
Se, invece, viene applicato l’accordo economico, la componente da accantonare al F.i.r.r. presso l’Enasarco è sempre dovuta; mentre l’indennità suppletiva di clientela è dovuta – purché il rapporto non si sia risolto per fatto imputabile all’agente – solo se il contratto a termine viene rinnovato o prorogato.
L’art. 1750, comma 1, c.c. – nel testo introdotto dal D.Lgs. 10 settembre 1991, n. 303– prevede il caso in cui le parti, dopo la scadenza del termine, proseguano la loro relazione contrattuale, stabilendo che “il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere eseguito dopo la scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato”.
Il principio, a dir la verità, era piuttosto ovvio. Se le parti hanno indicato una durata, ma poi continuano ad eseguire il contratto oltre tale durata, è evidente che una scadenza non esiste più e pertanto il rapporto continuerà finché una di esse non manifesterà la volontà di risoluzione
La successione nel tempo di più contratti di agenzia a tempo determinato, in forza di rinnovazione o proroga, non si pone in contrasto con l’art. 1750, comma 1, c.c., e non comporta dunque la trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, riguardando tale norma la diversa ipotesi di contratto a termine che continui ad essere eseguito dopo la scadenza senza essere stato rinnovato o prorogato con fissazione di un nuovo termine
Del resto, quando il legislatore ha voluto vietare la stipulazione di successivi contratti a termine l’ha detto esplicitamente, come ha fatto a proposito del rapporto di lavoro subordinato, in quanto la facoltà di rinnovo o di proroga sta nei principi generali di diritto.
Infine, l’art. 15, comma ultimo, della Direttiva 86/653/Cee – non riprodotto nell’art. 1750 c.c. – stabilisce, che le disposizioni relative al preavviso si applicano anche ai contratti di agenzia a termine trasformatisi a tempo indeterminato, “fermo restando che per calcolare il termine di preavviso si deve tener conto del termine precedente”.
La dizione –piuttosto infelice – sta a significare che, in caso di trasformazione, si deve fare riferimento non al periodo intercorrente dalla data della trasformazione stessa al recesso, ma da quella di costituzione dell’iniziale rapporto al recesso. Siamo infatti in presenza di un unico rapporto.
Il contratto a tempo determinato nell’A.E.C. commercio 16.2.2009
Il nuovo art. 1-bis prevede che “Le norme contenute nel presente accordo, ivi compresi i successivi articoli 11e 12, in materia di indennità di fine rapporto, in quanto compatibili con la natura del rapporto, si applicano anche ai contratti a tempo determinato, con esclusione comunque delle norme relative al preavviso”.
Viene così introdotta l’equiparazione del contratto a tempo determinato a quello a tempo indeterminato ai fini delle indennità di fine rapporto.
Nell’accordo precedente la componente da accantonare al F.i.r.r. presso l’Enasarco era sempre dovuta; mentre l’indennità suppletiva di clientela era dovuta – purché il rapporto non si fosse risolto per fatto imputabile all’agente – solo se il contratto a termine veniva rinnovato o prorogato.
Dalla nuova formulazione si evince che l’agente con contratto a termine ha diritto, in presenza dei relativi presupposti, a tutte e tre le componenti dell’indennità di fine rapporto.
È rimasta la previsione secondo cui “nei contratti a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi, la casa mandante comunicherà all’agente o rappresentante, almeno 60 giorni prima della scadenza del termine, l’eventuale disponibilità al rinnovo o alla proroga del mandato”.
Sono stati inoltre inseriti altri commi.
Il terzo così recita: “il termine del contratto a tempo determinato può essere rinnovato o prorogato con il consenso dell’agente o rappresentante espresso in forma scritta. In mancanza della forma scritta, il rapporto si considera a tempo indeterminato. In caso di rinnovo di rapporti a termine aventi lo stesso contenuto di attività (zona, prodotti e clienti) la casa mandante può stabilire un periodo di prova solo nel primo rapporto”.
La formulazione di questo comma non è chiarissima perché nella prima parte si fa riferimento al termine del contratto, nella seconda al “rinnovo di rapporti a termine”.
Vi è da ritenere che si sia preso in considerazione il caso in cui, scaduto un contratto a termine, se ne stipuli di seguito altro della stessa natura. Infatti si fa riferimento al divieto di inserimento di un periodo di prova che può essere concepito solo come clausola di un nuovo contratto.
Si deve invece ritenere che non si sia voluto impedire che le parti, nel stipulare un contratto a termine (che rimane anche l’unico), ne prevedano la rinnovazione tacita.
In questo caso il consenso dell’agente (convalidato specificamente ex art. 1341 c.c., ove applicabile) esiste già ed è in forma scritta.
Il mero prolungamento del termine, d’altronde, concretizza una proroga e non una rinnovazione. Semmai è proprio al caso di una mera proroga che si attaglia la previsione della forma scritta del consenso.
Infine, la previsione secondo cui “il contratto di agenzia a tempo determinato che continui ad essere eseguito tacitamente dalle parti successivamente alla scadenza del termine si trasforma in contratto a tempo indeterminato” non fa che riprendere il disposto dell’art. 1750, comma 1, c.c.
Il patto di prova
Non è inusuale inserire nel contratto di agenzia la clausola del periodo di prova con la precisazione che, nel corso dello stesso, è concesso ad entrambe le parti di recedere senza obbligo di preavviso.
La deroga sarebbe ammessa solo a favore dell’agente il quale potrebbe, invece, avvalersi della clausola di recedibilità con effetto immediato durante il periodo di prova.
È infine necessario valutare quali siano le conseguenze del legittimo recesso in periodo di prova.
Certamente, come non è dovuto il preavviso, così non spetta l’indennità sostitutiva.
In quanto all’indennità di risoluzione del rapporto, il problema è stato affrontato espressamente, nella sentenza citata, solo dal Tribunale di Mantova, il quale si è dichiarato dell’avviso che “non sono dovuti l’indennità di clientela ed il Firr, istituti che gli accordi economici collettivi prevedono solo in caso di risoluzione di un rapporto a tempo indeterminato”, mentre, nel caso in esame,“la facoltà di recesso è stata esercitata dalla ditta preponente nel corso del periodo di prova, durante il quale le parti, per espressa pattuizione, potevano recedere senza limitazione alcuna; senza contare che il patto di prova è assimilabile più al contratto a termine che non ad un rapporto a tempo indeterminato”.
La tesi ora esposta potrebbe essere condivisibile solo se si ritenesse il contratto in periodo di prova una fattispecie a sé che, per non essere disciplinata dalla legge e dagli A.E.C., non è soggetta alle norme che regolano il contratto di agenzia.
In effetti siamo in presenza di un “normale” contratto di agenzia, anche se non ancora definitivo, al quale l’autonomia contrattuale ha apposto tale periodo di prova con facoltà di recesso senza obbligo di preavviso.