OBBLIGHI DELLE PARTI NEL CONTRATTO DI AGENZIA:
Obbligo della documentazione
Il preponente deve mettere a disposizione dell’agente tutta la documentazione necessaria relativa ai beni o ai servizi trattati, i marchi nonché, se previsto dalla tipologia del prodotto, il c.d. campionario. Quest’ultimo può essere fornito gratuitamente, ma sotto la responsabilità dell’agente per danni eccedenti il normale utilizzo o mancata restituzione, ovvero a pagamento, con esclusione della responsabilità e della restituzione.
Obbligo di informazioni
Il preponente deve altresì fornire all’agente le informazioni necessarie per l’esecuzione del contratto e sul lancio di nuovi prodotti o nuove strategie di mercato. Il preponente, inoltre, deve comunicare tempestivamente all’agente la diminuzione del volume delle operazioni commerciali, l’accettazione, il rifiuto o la mancata esecuzione di un affare procurato, nonché le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate
Le proposte di contratto
L’agente senza rappresentanza invia al preponente le proposte di contratto negoziate con i clienti (c.d. ordini). Se il preponente accetta la proposta, il contratto si conclude. Al preponente, quindi, spetta la decisione sulla convenienza dell’affare nonché la facoltà insindacabile di rifiutare l’ordine. Il rifiuto pregiudiziale e sistematico, però, si scontra con il principio di buona fede. In questo caso, l’agente ha diritto al risarcimento dei danni ed eventualmente alla risoluzione del contratto. Di norma, nei contratti si prevede che gli ordini possano essere rifiutati solo in base a determinate circostanze come l’insolvibilità del cliente ovvero la mancanza del prodotto. Il preponente, in ogni caso, ha l’obbligo di informare, entro un termine ragionevole, dell’accettazione o del rifiuto o della mancata esecuzione di un affare. La norma, prevista dall’art. 1749 c.c. è inderogabile. Nella prassi, si suole informare l’agente solo in caso di accettazione. In realtà, tale comportamento, benché tacitamente ammesso dalle parti, è lesivo dei diritti dell’agente. Pertanto, è preferibile che il preponente informi l’agente anche del rifiuto. Di norma, i contratti individuali prevedono un termine entro il quale il preponente deve comunicare l’esito dell’ordine
Diritto di esclusiva
Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività. All’agente, pertanto, spetta un diritto di esclusiva. Tale diritto, tuttavia, è derogabile dalle parti sia con una clausola espressa sia con una tacita manifestazione di volontà, desumibile dal comportamento delle parti al momento della conclusione ovvero dell’esecuzione del contratto. In ogni caso, il preponente è libero di effettuare vendite dirette anche nella zona esclusiva dell’agente, purché ne paghi la provvigione all’agente stesso. Se, invece, per la medesima zona, il preponente ha nominato più agenti, il diritto alla provvigione indiretta per le vendite dirette del preponente viene meno. In pratica, se le parti hanno convenuto che il preponente può nominare altri agenti nella zona, all’agente non spetta alcuna provvigione sulle vendite effettuate dal preponente.
Obbligo di redigere l’estratto conto
L’art. 1749 comma 2 c.c. prevede che il preponente consegni all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute, al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale sono maturate. Entro lo stesso termine, le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all’agente. Una vota maturate, nasce in capo all’agente il diritto alle provvigioni. La liquidazione, quindi, avviene trimestralmente, con la compilazione da parte del preponente del c.d. conto provvigioni, comprensivo di tutte le provvigioni maturate dall’agente nel corso del trimestre. Entro trenta giorni dalla scadenza del trimestre, l’agente deve ricevere il conto delle provvigioni e il relativo pagamento. I termini, per la redazione del conto e l’effettivo pagamento, possono essere solo più brevi. In caso di ritardo nel pagamento di oltre 15 giorni, il preponente deve versare per tutti i giorni di ritardo un interesse in misura pari al tasso ufficiale di riferimento.
La zona
L’oggetto del contratto di agenzia deve chiaramente indicare l’ambito territoriale (c.d. zona) ovvero di clientela, i prodotti di cui promuovere la vendita, la provvigione e i compensi.
Modifica del contratto
Il contratto può essere modificato di comune accordo tra le parti. Tuttavia, nella prassi dei contratti individuali, si prevedono clausole che attribuiscono a una delle parti, di norma il preponente, il potere di modificare unilateralmente il contenuto del contratto, come per esempio la zona o la provvigione. Il potere di modifica unilaterale, a condizione, che sia limitato e che sia esercitato dal titolare con l’osservanza dei principi di correttezza e buona fede, può trovare giustificazione nell’esigenza di bilanciare il rapporto contrattuale. Tuttavia, le clausole di attribuzione del potere di modifica unilaterale sono da ritenersi di dubbia efficacia. Inoltre, la giurisprudenza ne ha disconosciuto ripetutamente la validità
Obbligo di tutela degli interessi del preponente (generale obbligo di buona fede)
L’agente ha l’obbligo di tutelare gli interessi del preponente e di agire con lealtà e buona fede, nonché l’obbligo di seguire le istruzioni del preponente, nel rispetto dell’autonomia organizzativa. Il preponente, invece, deve agire con lealtà e buona fede.
Obbligo di informazioni
L’agente deve fornire al preponente informazioni sulle condizioni di mercato e su ogni altro aspetto utile per valutare la convenienza dei singoli affari. Pertanto, l’agente deve tenere informato il preponente sui clienti visitati, sugli ordini raccolti, sugli affari conclusi e sulla solvibilità dei clienti. Il preponente, per contro, non può pretendere dall’agente rapporti o rendiconti periodici sull’attività svolta. In proposito, gli AEC prevedono che l’agente sia tenuto a informare costantemente il preponente sulla situazione del mercato in cui opera ma non sia tenuto a relazioni con periodicità prefissata sull’esecuzione delle proprie attività. In concreto, è preferibile evitare di inserire nel contratto obblighi di rapporti periodici troppo minuziosi e con intervalli temporali brevi. Inoltre, è sconsigliabile prevedere obblighi simili, al solo scopo di invocarne pretestuosamente l’inadempimento. Infatti, l’inosservanza di obblighi d’informazione troppo stringenti non costituisce per il preponente motivo di recesso per giusta causa.
Obbligo di promuovere stabilmente la conclusione di contatti
L’agente assume l’obbligo di promuovere stabilmente la conclusione di contatti per conto del preponente attraverso regolari e continue visite e contatti con la clientela. L’inadempimento dell’obbligo di promozione può portare alla risoluzione del contratto. Tuttavia, per circoscrivere l’adempimento, nella prassi, si inserisce nel contratto una clausola che preveda minimi di fatturato che l’agente si impegna a realizzare. In questo caso, se il livello di fatturato è stato concordato dalle parti in relazione alle possibilità di assorbimento del mercato, il mancato raggiungimento del minimo comporta l’inadempimento dell’agente, salvo la prova della forza maggiore o delle cause imputabili al preponente.
L’inadempimento
Nella prassi, l’inadempimento è regolato da una clausola risolutiva espressa con o senza preavviso. Le parti possono altresì prevedere il mancato raggiungimento del minimo come motivo di recesso per giusta causa (c.d. recesso in tronco). Tale soluzione, tuttavia, non è da preferirsi in quanto il giudice potrebbe non ravvisare l’esistenza di motivi sufficienti per giustificare l’applicazione del recesso in tronco e mantenere in vita il rapporto contrattuale.
Obbligo di aderenza alle indicazioni del preponente
Nella promozione dei contratti, l’agente deve proporre le condizioni, i prezzi, i termini di consegna o gli sconti fissati dal preponente. Proporre condizioni diverse da quelle fissate dal preponente comporta la violazione di un obbligo contrattuale. In concreto, è possibile inserire nel contratto clausole che prevedano la riduzione proporzionale delle provvigioni o che pongano a carico dell’agente la differenza tra quanto fissato dal preponente e quanto negoziato con l’acquirente. In ogni caso, il preponente può rifiutare l’ordine.
Le proposte di contratto
L’agente senza rappresentanza invia al preponente le proposte di contratto negoziate con i clienti (c.d. ordini). Se il preponente accetta la proposta, il contratto si conclude. Al preponente, quindi, spetta la decisione sulla convenienza dell’affare nonché la facoltà insindacabile di rifiutare l’ordine. Il rifiuto pregiudiziale e sistematico, però, si scontra con il principio di buona fede. In questo caso, l’agente ha diritto al risarcimento dei danni ed eventualmente alla risoluzione del contratto. Di norma, nei contratti si prevede che gli ordini possano essere rifiutati solo in base a determinate circostanze come l’insolvibilità del cliente ovvero la mancanza del prodotto.
L’esclusiva
Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività. All’agente, pertanto, spetta un diritto di esclusiva. Tale diritto, tuttavia, è derogabile dalle parti sia con una clausola espressa sia con una tacita manifestazione di volontà, desumibile dal comportamento delle parti al momento della conclusione ovvero dell’esecuzione del contratto. In ogni caso, il preponente è libero di effettuare vendite dirette anche nella zona esclusiva dell’agente, purché ne paghi la provvigione all’agente stesso. Se, invece, per la medesima zona, il preponente ha nominato più agenti, il diritto alla provvigione indiretta per le vendite dirette del preponente viene meno. In pratica, se le parti hanno convenuto che il preponente può nominare altri agenti nella zona, all’agente non spetta alcuna provvigione sulle vendite effettuate dal preponente.
Trattare affari di più imprese
L’agente non può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro. Il divieto deve essere inteso sia nel senso di prodotti concorrenti, sia nel senso di preponenti concorrenti. Tuttavia, in assenza di una specifica norma contrattuale, la valutazione di prodotti o preponenti concorrenti deve essere fatta in concreto, caso per caso. Si precisa che l’obbligo di non concorrenza va riferito solo alla zona esclusiva dell’agente. Questi, inoltre, non può eludere l’obbligo attraverso l’utilizzo di terze persone.
L’agente monomandatario
Le parti possono prevedere che l’agente operi esclusivamente per il proponente, con l’espressa esclusione di ogni altra attività, anche non concorrente. In questo caso si parla di agente monomandatario. Si precisa che è considerato monomandatario solo se il patto di esclusiva è espresso. Per contro, un agente che operi di fatto solo per un proponente ma senza alcuna previsione contrattuale, è considerato plurimandatario. La differenza rileva in quanto gli AEC riservano al monomandatario una disciplina più favorevole.
Obbligo di tutelare gli interessi del preponente (solvibilità dei clienti)
Sussiste a carico dell’agente l’obbligo generale di tutelare gli interessi del preponente e di preoccuparsi della solvibilità dei clienti. In particolare, l’agente non può trasmettere ordini di clienti di cui conosce l’insolvenza ovvero di cui conosce l’impossibilità di adempimento del pagamento. Nei casi dubbi, l’agente deve informare il preponente, al quale spetta la decisione di accettare l’ordine. In caso di inosservanza, dolosa o colposa, degli obblighi informativi, l’agente è inadempiente e risponde dei danni subiti dal preponente. La responsabilità dell’agente, comunque, sussiste solo in caso di violazione degli obblighi di diligenza verso il preponente (culpa in eligendo), mentre non è ravvisabile per il solo fatto che il cliente sia risultato insolvente.
Obiettivi minimi
Per esempio, non incorrono nei divieti dell’art. 1746 comma 3 le clausole con cui l’agente si impegna a raggiungere determinati obiettivi minimi in relazione al numero di clienti solvibili. La sanzione per l’inadempimento di tali obblighi, però, non deve essere il risarcimento dei danni al preponente, ma, per esempio, la risoluzione del contratto per inadempimento ovvero la diminuzione proporzionale della provvigione ovvero ancora la perdita di determinati benefici e vantaggi.
Riscossioni e sconti
Salvo diverso accordo scritto, l’agente non può riscuotere crediti per il preponente, né concedere sconti o dilazioni. Se il contratto di agenzia prevede fin dall’inizio la facoltà di incassare i crediti, il corrispettivo per tale attività deve ritenersi compreso nella provvigione pattuita. Se, invece, l’incarico di incassare viene conferito nel corso del rapporto contrattuale, l’attività è da considerarsi accessoria e deve essere compensata separatamente
Impedimenti dell’agente
Secondo l’art. 1747 c.c., l’agente che non è in grado di eseguire l’incarico affidatogli deve dare immediato preavviso al preponente. In mancanza, è obbligato al risarcimento del danno. Il risarcimento, però, non è collegato alla mancata comunicazione ma all’effettivo danno prodotto al preponente, su cui grava l’onere della prova. In sostanza si tratta di fatti di carattere oggettivo o soggettivo che impediscono all’agente di svolgere la propria attività, indipendentemente dalla propria volontà. Pertanto, sono impedimenti la malattia, l’infortunio, l’invalidità, incendi, terremoti e tutti gli eventi di portata tale da impedire l’esecuzione dell’incarico di agenzia. L’impedimento è una causa legittima di sospensione del contratto, senza responsabilità dell’agente. Sono, pertanto, esclusi gli eventi frutto della volontà dell’agente
La provvigione
Benché sia possibile remunerare l’agente in forme diverse, la remunerazione normale è la provvigione. Pertanto, rimborsi spese, compensi per attività accessorie, se proporzionali al valore dell’affare, vengono considerati retribuzioni provvigionali. Infatti, il principio generale prevede che, salvo patto contrario, l’agente non abbia diritto al rimborso delle spese di agenzia. Pertanto, le spese sostenute per l’esercizio dell’attività, sono a carico dell’agente e sono coperte dalla provvigione. Tuttavia, le parti possono prevedere nel contratto il rimborso di determinate spese
La provvigione matura solo se gli affari proposti dall’agente vengono accettati dal preponente, con la conclusione di un contratto con il cliente. Tuttavia, l’agente non ha diritto alla provvigione se il contratto con il cliente non viene eseguito per cause non imputabili al preponente. Pertanto, la conclusione del contratto non fa sorgere il diritto alla provvigione ma ne costituisce un presupposto necessario. Inoltre, perché nasca il diritto alla provvigione, vi deve essere un nesso tra l’attività dell’agente e la conclusione dell’affare. In proposito, per gli agenti non esclusivi, si distingue tra affari promossi direttamente dall’agente, affari conclusi dal preponente senza l’intervento dell’agente, con clienti già acquisiti dall’agente ovvero con clienti della zona o riservati all’agente. Nel primo caso, l’agente ha diritto alla provvigione su tutti gli affari conclusi durante il rapporto, quando l’operazione sia stata conclusa per effetto del suo intervento. Se l’attività dell’agente porta alla conclusione di affari fuori dalla zona oggetto del contratto, il diritto alla provvigione non è riconosciuto. Le parti, tuttavia, possono convenire in seguito, anche tacitamente, di far rientrare l’affare concluso nell’alveo del contratto.
La provvigione per affari conclusi dal preponente
La provvigione, inoltre, secondo l’art. 1748 comma 2 c.c., è dovuta anche per gli affari conclusi dal preponente con clienti già acquisiti dall’agente per affari dello stesso tipo o appartenenti alla zona o alla categoria o al gruppo di clienti riservati all’agente. La norma riconosce all’agente il diritto alla provvigione anche in assenza di un intervento diretto, ma al contempo ne limita la portata. Per esempio, il contratto concluso tra il preponente e un cliente già acquisito dall’agente per affari di tipo diverso da quelli previsti nel contratto, non fa sorgere il diritto alla provvigione in quanto la norma in parola prevede che gli affari debbano essere dello stesso tipo
Diversa, invece, è la situazione in cui la promozione e l’esecuzione di un affare interessino zone o clienti affidati in esclusiva ad agenti diversi
La provvigione per affari conclusi dopo la cessazione del contratto
L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la cessazione del contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente ovvero se gli affari sono conclusi entro un tempo ragionevole dalla data della cessazione del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività dell’agente. In quest’ultimo caso, la provvigione è dovuta all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze, risulti equo ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti. La norma in parola risolve l’eventuale conflitto tra agente precedente e agente successivo e non comporta alcun onere per il preponente. Nel caso di affari basati su contratti di durata (somministrazione, fornitura ecc.), in cui le provvigioni sono ripartite su tutte le forniture effettuate nell’ambito dello stesso affare, è preferibile definire contrattualmente i criteri per l’assegnazione delle provvigioni
L’art. 1748 comma 4 c.c. stabilisce che, salvo patto contrario, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione, in base al contratto concluso con il terzo. Al più tardi ma inderogabilmente, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il cliente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione, qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico. Secondo il criterio generale, quindi, il diritto dell’agente matura al momento in cui il preponete esegue la propria prestazione o avrebbe dovuto eseguirla in virtù del contratto con il cliente. La provvigione, pertanto, sarà dovuta anche in caso di inadempimento del preponente, ma non in caso, per esempio, di forza maggiore ovvero di eccezione di inadempimento. In caso di adempimento parziale, se il contratto ne prevede la possibilità, la provvigione spetta sulla parte eseguita. In caso contrario, se l’adempimento parziale del preponente non è conforme al contratto e viene considerato inadempimento, l’agente maturerà ugualmente e per intero il diritto alla provvigione.
Provvigioni e clausola “salvo buon fine”
Le parti possono derogare al criterio generale e stabilire che la provvigione maturi al momento in cui il cliente esegue o avrebbe dovuto eseguire la sua prestazione. La deroga in esame viene comunemente definita “clausola salvo buon fine”. In questo frangente, nel caso in cui il preponente abbia regolarmente adempiuto ma il cliente non paghi, il diritto alla provvigione per l’agente non matura. Per contro, nel caso in cui il cliente non esegua la prestazione a causa dell’inadempimento del preponente, il diritto alla provvigione per l’agente matura, sempre che l’inadempimento del preponente non sia riconducibile, per esempio, a forza maggiore ovvero eccezione di inadempimento. Nel caso di adempimento parziale del cliente, se il contratto ne prevede la possibilità, la provvigione spetta sulla parte eseguita. In caso contrario, se l’adempimento parziale non è conforme al contratto e viene considerato inadempimento, la provvigione non maturerà, nemmeno in parte.
Restituzione delle provvigioni
L’art. 1748 comma c.c. prevede che l’agente sia tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nell’ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il cliente e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. La norma in parola si applica all’ipotesi in cui il pagamento della provvigione debba avvenire prima del momento in cui è possibile verificare se il terzo abbia eseguito, per esempio, quando le parti hanno stabilito che il diritto alla provvigione matura con la conclusione del contratto. Affinché la provvigione non debba essere restituita, la mancata esecuzione deve essere riconducibile a una causa imputabile al preponente, ossia un comportamento doloso o colposo del preponente che abbia determinato la mancata esecuzione del contratto. La prova dell’imputabilità al preponente deve essere fornita dall’agente
Se il preponente e il cliente si accordano per non dare, in tutto o in parte, esecuzione al contratto, l’agente ha diritto, per la parte non eseguita, a una provvigione ridotta, secondo gli usi o, in mancanza, dal giudice secondo equità. La norma in parola è dettata per il caso in cui la mancata esecuzione non imputabile al preponente sia dovuta a motivi commerciali. Pertanto, per esempio, qualora il preponente non possa eseguire per motivi di forza maggiore e si accordi con il cliente per una fornitura diversa da quella prevista, l’agente non avrà diritto alla provvigione sulla parte di contratto non eseguita.
Calcolo della provvigione
I criteri per il calcolo della provvigione sono lasciati alla negoziazione delle parti. Infatti, non esiste alcuna norma, nemmeno collettiva, che stabilisca minimi provvigionali inderogabili ovvero sistemi di calcolo obbligatori. Anche la determinazione della base su cui calcolare la provvigione ha natura pattizia. Nella prassi vi sono vari metodi di calcolo della provvigione, idealmente distinti in sistemi a percentuale e sistemi a cifra fissa. I primi sono i più diffusi, soprattutto per la maggiore flessibilità delle percentuali rispetto ai mutamenti del mercato, alle variazioni dei prezzi e all’inflazione. Di seguito si fornisce una sintetica analisi dei sistemi maggiormente utilizzati.
1. Percentuale fissa
La percentuale fissa è calcolata sul valore degli affari la cui conclusione è procurata dall’agente. La percentuale fissa può essere applicata anche a singoli articoli o singoli clienti. Le aliquote cambiano in base ai settori (industria, commercio, ecc), alle zone, alle tipologie merceologiche, agli usi locali ecc. e variano dallo 0,5% al 30% e oltre.
2. Percentuale crescente
L’aliquota varia a seconda del valore dell’affare concluso. Per esempio, si prevedono aliquote maggiori per vendite che superano un determinato valore. L’aliquota può variare anche in funzione di determinati clienti ovvero del valore degli affari raggiunto in corso d’anno.
In questo modo, l’agente riceve una retribuzione più che proporzionale rispetto al volume d’affari ed è incentivato a promuovere affari di valore sempre più alto.
3. Percentuale decrescente
È il caso inverso del precedente. All’aumento del valore dell’affare corrisponde un decremento dell’aliquota. Il sistema è poco diffuso in quanto disincentivante. Si utilizza soprattutto per calcolare la provvigione su un singolo affare in alcuni settori particolari (grandi impianti e macchinari). Il contratto deve prevedere espressamente quando un affare deve considerarsi singolo.
4. Cifra fissa per singole quantità di prodotto
Il sistema della percentuale fissa è meno dinamico e non mette al riparo l’agente dalle variazioni di prezzo. La cifra fissa, comunque, può aumentare in funzione della quantità di prodotto venduto, avvicinandosi, in questo modo, al sistema della percentuale crescente.
5. Sistema misto
Si prevede una percentuale (costante o differenziata) e premi a cifra fissa o crescente che vengono riconosciuti all’agente quando il volume degli affari supera una determinata quota. Il sistema misto presenta il vantaggio della flessibilità, data dalla percentuale, e permette all’agente di beneficiare dei premi di produzione, funzionando da incentivo alla promozione degli affari.
6. Il sovrapprezzo
All’agente non viene riconosciuta né una percentuale né un fisso bensì solo il sovrapprezzo, ossia la differenza in positivo tra il prezzo fissato dal preponente e il prezzo spuntato dall’agente. Il sistema del sovrapprezzo, però, tende a provocare un aumento dei prezzi a discapito dell’aumento della produzione. Pertanto, il sistema è ormai quasi in disuso.
Estratto conto delle provvigioni
L’art. 1749 comma 2 c.c. prevede che il preponente consegni all’agente un estratto conto delle provvigioni dovute, al più tardi l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre nel corso del quale sono maturate. Entro lo stesso termine, le provvigioni liquidate devono essere effettivamente pagate all’agente.
La liquidazione delle provvigioni
Una vota maturate, nasce in capo all’agente il diritto alle provvigioni. La liquidazione, quindi, avviene trimestralmente, con la compilazione da parte del preponente del c.d. conto provvigioni, comprensivo di tutte le provvigioni maturate dall’agente nel corso del trimestre. Entro trenta giorni dalla scadenza del trimestre, l’agente deve ricevere il conto delle provvigioni e il relativo pagamento. I termini, per la redazione del conto e l’effettivo pagamento, possono essere solo più brevi. In caso di ritardo nel pagamento di oltre 15 giorni, il preponente deve versare per tutti i giorni di ritardo un interesse in misura pari al tasso ufficiale di riferimento. Nella prassi, è molto diffuso il sistema degli anticipi su base mensile. Alla chiusura del trimestre vi è un conguaglio, anche nel caso di anticipi per affari “salvo buon fine”.
Indennità di scioglimento del contratto
Vi è un profondo contrasto di legittimità tra la disciplina dettata dall’art. 1751 c.c. e quella prevista dagli AEC 2002, la cui trattazione esula il presente lavoro.
L’art. 1751 c.c. è applicabile nei rapporti con agenti stranieri e con agenti non iscritti alle associazioni firmatarie degli AEC, nonché in tutti i casi in cui il giudice ritiene illegittima la disciplina collettiva sull’indennità. L’art. 1751, prevede che all’atto della cessazione del rapporto contrattuale, il preponente sia tenuto a corrispondere all’agente un’indennità. Questa è dovuta solo se concorrono cumulativamente due condizioni. Il primo luogo, durante la vita contrattuale, l’agente deve avere procacciato nuovi clienti ovvero deve avere sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente ne riceva ancora vantaggi sostanziali. In secondo luogo, l’ammontare dell’indennità deve essere equo, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde, risultanti dagli affari con tali clienti.
L’indennità è dovuta anche se il rapporto cessa per morte dell’agente. L’indennità, invece, non è dovuta in caso di recesso del preponente per giusta causa e in caso di recesso dell’agente, salvo che tale recesso sia dovuto a circostanze attribuibili al proponente ovvero da altri motivi quali età, infermità o malattia, per i quali l’agente non può proseguire l’attività. L’indennità, inoltre, non è dovuta se l’agente, ai sensi di un accordo con il preponente, cede a un terzo il contratto di agenzia. L’agente, poi, decade dal diritto all’indennità se entro un anno dalla cessazione del rapporto, non comunica al preponente l’intenzione di far valere i propri diritti. La concessione dell’indennità, comunque, non priva l’agente del diritto all’eventuale risarcimento dei danni.
L’importo dell’indennità non può essere superiore all’indennità annua calcolata sulla base delle retribuzioni medie riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni. Se il contratto ha meno di cinque anni, l’indennità si calcola sulla media del periodo di durata del contratto.
Le norme previste dall’art. 1751 sono inderogabili a svantaggio dell’agente.
Per poter pretendere l’indennità, l’agente deve provare l’esistenza dei requisiti imposti dall’art. 1751 comma 1. Pertanto, deve essere provato sia l’apporto di clientela sia la permanenza della stessa presso il preponente dopo la fine del rapporto. In assenza di tali presupposti, non sorge in capo all’agente il diritto all’indennità. L’articolo in commento non fornisce alcun criterio per la determinazione dell’ammontare dell’indennità ma indica solamente un tetto massimo, pari alla media annua delle provvigioni degli ultimi cinque anni.
Nella determinazione dell’ammontare, quindi, si seguono necessariamente elementi empirici, quali l’importanza dei nuovi clienti apportati, i vantaggi ricavati dal preponente grazie ai nuovi clienti, le provvigioni perse dell’agente, il contributo dell’agente allo sviluppo della clientela, il comportamento dell’agente durante il rapporto e così via. Nella prassi, anche giudiziale, si parte dal massimo dell’indennità e si determina una percentuale equitativa tenendo in considerazione gli elementi empirici individuati. Tuttavia, data l’inevitabile discrezionalità implicita nel metodo di calcolo equitativo, i risultati che si possono raggiungere possono essere sensibilmente disomogenei.