L’art. 1751-bis c.c. stabilisce che il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo scioglimento del contratto, deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o di servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia, e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del contratto. La clausola di non concorrenza post contrattuale che non rispetti la forma scritta, le limitazioni di zona, clientela e genere di beni o servizi ovvero che preveda un termine superiore a due anni, è nulla e non vincola l’agente. L’accettazione del patto di non concorrenza comporta, al momento della cessazione del contratto, la corresponsione di un’indennità di natura non provvisionale, commisurata alla durata del divieto, alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto. L’indennità è riservata agli agenti che esercitano in forma individuale, società di persone o di capitali unipersonale e, se previsto dagli AEC, anche a società di capitali costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti commerciali. La determinazione dei parametri per la quantificazione della indennità è lasciata alla negoziazione delle parti, pur tenendo in considerazione gli AEC. In mancanza di accordo, l’indennità può essere quantificata in via equitativa dal Giudice. La legge non prevede nulla circa le conseguenze del mancato rispetto del patto di non concorrenza. Nella prassi, le parti prevedono che in caso di violazione della clausola di non concorrenza, l’agente non abbia diritto all’indennità e che debba restituire quanto già percepito a tale titolo. Inoltre, è spesso prevista anche una clausola penale. La previsione di una penale esclude la richiesta del danno ulteriore, salvo patto contrario