Recesso e cessazione del rapporto di agenzia- indennità di fine mandato e calcoli /esempi

IL RECESSO DAL CONTRATTO DI AGENZIA

E LA DISCIPLINA DEL PREAVVISO

 

L’indennità sostitutiva e la facoltà di rinuncia

L’art. 1750 c.c., nell’ultima stesura, non ha previsto la possibilità di corrispondere, in sostituzione di un periodo di preavviso, un’indennità (così è, d’altronde, anche nella Direttiva Cee).

 

La cessazione dell’attività ed il fallimento

La cessazione dell’attività, sia da parte del preponente che dell’agente, non costituisce di per sé causa di risoluzione del contratto; pertanto chi recede deve dare il preavviso.


LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO

 

Il recessoad nutum e consensuale

L’art. 1750 c.c. stabilisce che, nel contratto a tempo indeterminato “ciascuna delle parti può recedere dal contratto”, dando pertanto piena discrezionalità alle stesse di sciogliere il rapporto in qualsiasi momento. L’unico obbligo al quale esse sono tenute è quello del reciproco preavviso, che può/deve essere sostituito da un’indennità.

Proprio perché si tratta di una facoltà delle parti, il mero recesso non può essere fonte di danno per chi lo subisce. I dubbi che erano stati inizialmente sollevati in relazione al disposto del quarto comma dell’art. 1751 c.c. (“la concessione dell’indennità non priva comunque l’agente del diritto all’eventuale risarcimento del danno”) sono stati fugati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito che hanno richiesto un quid pluris rispetto al mero recesso che, come visto, si prospetta come fatto lecito.

L’art. 1750 c.c. non richiede una forma qualificata, per cui la comunicazione può essere anche orale, salvo l’onere della prova in caso di contestazione. Tuttavia gli accordi economici hanno introdotto una precisa forma scritta laddove hanno disposto che “in caso di risoluzione di un rapporto a tempo indeterminato, la parte recedente deve darne comunicazione scritta all’altra parte”. La violazione di tale forma comporta l’invalidità del recesso ex art. 1352 c.c., applicabile agli atti unilaterali per il richiamo contenuto nell’art. 1324 c.c.

La risoluzione del contratto può essere anche consensuale e per essa non è prevista alcuna forma. In questo caso, “data la sostanziale diversità tra il recesso e la risoluzione consensuale del contratto, la prescrizione dell’uso della forma scritta pattuita per l’esercizio del recesso dal rapporto di agenzia non è estensibile – in mancanza di un’espressa previsione contrattuale – all’ipotesi di risoluzione per mutuo consenso che può quindi desumersi anche implicitamente dal comportamento delle parti che concordemente cessino di dare ulteriore corso alle prestazioni reciproche”

 

La risoluzione per inadempimento e per giusta causa

Il contratto di agenzia è contratto a prestazioni corrispettive. Esse sono ricavabili dalla stessa causa (obbligo di promuovere la conclusione di tutti i possibili contratti in una determinata zona; obbligo di corrispondere una retribuzione) nonché dalle ulteriori disposizioni del codice civile e della contrattazione collettiva.

Se una parte si rende inadempiente, e tale inadempienza non è di scarsa rilevanza, l’altra può risolvere il contratto a sensi dell’art. 1453 c.c.

L’inadempimento– o anche comportamenti che esulino dalle obbligazioni contratte – può rivelarsi di particolare gravità e, in questo caso, la giurisprudenza ha ritenuto applicabile anche al contratto di agenzia, per analogia, essendo parimenti fondato sull’elemento fiduciario, l’art. 2119 c.c. in materia di lavoro subordinato il quale conferisce alle parti la facoltà di “recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto”.

 

Recesso dell’agente

Costituiscono giusta causa:

        il comportamento della preponente reiteratamente omissivo (mancato controllo del funzionamento dei prodotti da vendere) tale da compromettere lo svolgimento normale dell’attività dell’agente nuocendogli sia economicamente che moralmente con la perdita di reputazione e credibilità di venditore nella zona assegnatagli (nella specie, si era creata una situazione anomala tanto che all’agente era risultato impossibile piazzare le fotocopiatrici e relativi accessori sul mercato, e difficile continuare l’attività di venditore per la società)

        la violazione del diritto di esclusiva dell’agente dovuta all’interferenza di un nuovo agente nella zona di esclusiva, lo scadimento dei servizi offerti ai clienti (con conseguente danno per l’agente), l’aumento dei prezzi di listino con la contemporanea pratica di sconti diretti ai clienti per il nuovo agente

        il divieto imposto all’agente di visitare nuovi clienti durante il periodo di preavviso

        la corresponsione di provvigioni inferiori a quelle contrattualmente previste ed il conseguente versamento parziale degli accantonamenti al Firr, nonché l’invio sporadico dei resoconti trimestrali e delle fatture

        un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza che leda in misura considerevole l’interesse dell’agente (nella fattispecie, la Suprema Corte ha rilevato che una ipotesi del genere potrebbe certamente ricorrere nel caso di avocazione non occasionale e non giustificata di un cliente da parte del preponente con conseguente rifiuto di questi di corrispondere all’agente le provvigioni relative agli affari successivamente conclusi con quello stesso cliente, purché un tale comportamento rivesta i caratteri della gravità nei termini sopra precisati. Deve, in altri termini, trattarsi di una attività organizzata secondo modalità, o in termini quantitativi tali da compromettere apprezzabilmente i risultati del lavoro dell’agente, o le sue aspettative di sviluppo

        l’esercizio, da parte della ditta preponente, del potere di riduzione dell’ambito territoriale ed essa contrattualmente concesso in maniera contraria alla buona fede e alla correttezza, qualora tale potere sia esercitato non per adeguare il contratto alle nuove esigenze determinate dal decorso del tempo, ma per impedire all’agente una attività che giustifichi il suo impegno (nella specie, la zona di attività, prevista per tutta l’Italia, era stata ristretta al solo Comune di Milano e la percentuale a favore dell’agenteera stata ristretta dal 45% al 35%)

        il comportamento del preponente che, informato di un’aggressione subita dall’agente da parte del supervisore, ometta qualunque iniziativa volta a tutelare la personalità fisica di chi, pur senza essere lavoratore subordinato, si trova in una condizione giuridica sottordinata

        il reiterato ritardo nel pagamento delle provvigioni e l’omissione del versamento dei contributi all’Enasarco, a nulla rilevando che l’omissione contributiva sia stata successivamente sanata attraverso condono previdenziale

        la mancata regolarizzazione previdenziale del rapporto fin dalla sua origine, il mancato invio all’agente degli estratti conto provvigionali previsti dall’art. 1749 c.c. e la manifestata intenzione della mandante di rivedere al ribasso le provvigioni

        il sostanziale azzeramento delle possibilità di lavoro dell’agente in assenza di oggettive ragioni aziendali

        la sensibile riduzione della misura delle provvigioni

        una serie di inadempienze della preponente che, sommandosi, raggiungano un livello di gravità ed intollerabilità, tali da non consentire la prosecuzione anche temporanea del rapporto (nella specie, la preponente aveva concluso direttamente vendite di merce presso alcuni clienti a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati dall’agente ai propri rivenditori; aveva tentato di modificare le condizioni contrattuali relative alle vendite dirette; aveva comunicato la revoca del deposito; il rapporto, inoltre, si era gravemente deteriorato, in conseguenza di comportamenti negligenti o scorretti della mandante, segnatamente per scarsa chiarezza contabile, difficoltà dell’agente di ricevere gli accrediti necessari a rimediare agli errori di fatturazione, addebiti di esosi interessi per il ritorno di ricevute bancarie dei clienti, addebiti azzerati e poi ricomparsi a distanza di due o tre anni sugli estratti conto, disconoscimento a fine anno di sistemi di pagamento da parte di alcuni clienti in precedenza autorizzati, allo scopo di impedire il raggiungimento del premio, disconoscimento di premi che l’agente era autorizzato a concedere ai clienti secondo l’annuale impostazione delle vendite, unilaterale decisione di ridurre la percentuale delle provvigioni);

        la cessione dell’azienda del preponente se il cessionario non offre una sufficiente garanzia del regolare adempimento delle obbligazioni derivanti dalla prosecuzione del rapporto e, più in generale, dell’attività dell’azienda cui è connessa l’attività dell’agente

Non costituiscono giusta causa:

        l’omessa corresponsione di alcune provvigioni, quando risulti che tale circostanza sia dovuta ad un mero errore materiale dell’impiegata della ditta addetta alla contabilità la quale, anzi, a seguito della segnalazione dell’agente in ordine all’omissione di una vendita, scusandosi dell’errore, provveda a correggere il prospetto delle provvigioni. (Nel caso in questione, il giudice di merito ha ritenuto che la condotta della ditta non fosse tale da legittimare il recesso in tronco dal contratto di agenzia, in quanto non appariva connotata da mala fede o colpa grave, e neppure da semplice leggerezza: troppo poco, insomma, tenuto conto altresì dell’esiguità della somma in sé, a fronte anche dell’ammontare delle provvigioni annuali liquidate all’agente, per condurre ad un recesso in tronco di un rapporto di agenzia che durava senza intoppi da diversi anni)

        l’uso da parte del preponente di espressioni scarsamente offensive nel corso di un diverbio tra quest’ultimo ed un terzo. (Nella fattispecie, la S.C. ha rilevato come gli epiteti “poco affidabile” e “bugiardo” avessero una limitata lesività nel linguaggio comune; in ogni caso, non era stata raggiunta la prova che tali espressioni si riferissero proprio all’agente e non piuttosto al terzo che si contrapponeva al preponente)

 

Recesso del preponente

Costituiscono giusta causa:

        il mancato versamento da parte dell’agente di somme incassate per conto del preponente, qualora l’agente non dimostri che tale comportamento, astrattamente illecito, corrisponde ad una consuetudine operativa accettata da entrambe le parti

        il comportamento dell’agente con deposito che abbia ripetutamente fornito merce a credito a clienti già morosi, nonostante l’espresso divieto della preponente, e che abbia impedito l’accesso nel magazzino degli incaricati della società, per l’inventario delle merci giacenti in deposito

        il tentativo, solo in parte riuscito, di portare alla concorrenza la rete di vendita del preponente, costituendo comportamento potenzialmente diretto a sviare la clientela

        la violazione del vincolo di esclusiva da parte dell’agente

        l’omissione dell’obbligo di informazione, o l’inesattezza delle informazioni fornite, le quali possono avere conseguenze gravi sull’andamento dell’attività commerciale dell’impresa preponente. (Nella fattispecie la sentenza impugnata – confermata dalla S.C. – aveva ritenuto che integrasse una inadempienza grave da parte dell’agente la mancata comunicazione del fatto che il proprio figlio aveva intrapreso nella medesima zona un’attività di agente per una ditta concorrente, contattando per conto della nuova società tutti i clienti del padre, ed utilizzando a tal fine l’elenco dei clienti, i locali lavorativi e il recapito telefonico del proprio genitore. Tale situazione non poteva non essere conosciuta dall’agente e, anche se avvenuta contro la sua volontà, avrebbe comunque dovuto essere portata a conoscenza della società stessa per permetterle di valutarla e di prendere le adeguate iniziative)

        il comportamento dell’agente il quale costituisca, insieme con altri soggetti, una società destinata ad operare nel medesimo settore della società preponente

        la violazione del divieto di avvalersi di subagenti e di collaboratori

        la notevole diminuzione degli affari promossi dall’agente rispetto agli anni precedenti (nella fattispecie, oltretutto, la sostanziale assenza di attività promozionale era non solo ingiustificata ma anche voluta, come conseguenza della scelta operata dall’agente di esercitare in proprio un’altra attività);

        la violazione degli obblighi di incremento delle vendite, di accertamento dell’insolvenza dei pochi clienti procacciati e di visita alla clientela, nonché il rifiuto opposto di recarsi alla fiera annuale del settore

        l’andamento negativo degli affari di un’agenzia di assicurazione (che, in sé, non costituisce giusta causa di recesso) qualora tale circostanza sia integrata dall’inosservanza da parte dell’agente delle istruzioni ricevute e fornite dalla preponente

        in tema di rapporto di agenzia con una società di leasing, l’inadempimento dell’obbligo di verificare la realizzazione del presupposto fondamentale dell’operazione, con il materiale trasferimento del bene e le relative documentazioni e trascrizioni effettuate

        lo svolgimento da parte dell’agente di attività lavorative alternative, ed il trattenimento di incassi ricevuti dalla clientela, versati in ritardo al preponente

        le mancate visite ai clienti, il rifiuto di giustificare la contrazione delle vendite, la scarsa disponibilità verso gli ispettori della società preponente, la diminuzione di ordini, l’aver preso contatti con una società concorrente

        il comportamento non rispondente a lealtà che l’agente tenga nei confronti della clientela, in tal modo procurando un evidente danno di immagine alla società preponente, oltre che un danno economico per perdita di clientela (nella fattispecie, l’agente cercava di costringere i clienti ad acquistare partite di merce per quantitativi superiori al necessario, oppure per prodotti diversi, insolentendoli anche in talune circostanze e addirittura strappando gli ordinativi contenenti quantitativi ritenuti modesti)

Gli accordi economici collettivi del 2002 prevedono due casi nei quali non è dovuta neppure l’indennità di risoluzione accantonata presso l’Enasarco, lasciando intendere che essi sono di gravità tale da concretizzare giusta causa di recesso per il preponente. Si tratta di “ritenzione indebita di somme di spettanza del preponente” e di “concorrenza sleale ovvero, per i monomandatari, violazione del vincolo di esclusiva per una sola ditta”.

Nel rinnovo del 16.2.2009 commercio è rimasta solo la “ritenzione indebita di somme di spettanza del preponente”.

Non costituiscono giusta causa:

        di per sé, la messa in liquidazione della società preponente, la quale costituisce pur sempre una deliberazione unilaterale, liberamente assunta dalla società stessa, di sciogliersi e di porre termine alla propria attività

        la perdurante assenza del subagente, qualificabile come mero inadempimento degli obblighi contrattuali (nella specie, il recesso dell’agente-preponente era stato formalmente giustificato non con il venir meno del rapporto fiduciario in conseguenza dell’arresto e della successiva condanna del subagente per detenzione di sostanze stupefacenti, bensì con il mero fatto oggettivo della perdurante assenza, per cui era necessario sostituirlo con altro subagente

        la mancata partecipazione dell’agente a riunioni organizzate dalla preponente quando l’agente medesimo giustifichi un legittimo impedimento producendo certificato medico, come pure il divieto di ricevere la posta al di fuori dell’orario di ufficio

        l’utilizzazione da parte del promotore finanziario, come collaboratore in funzione di supporto, di un soggetto non autorizzato, qualora la preponente non dimostri la sussistenza di un inadempimento di importanza tale da giustificare la risoluzione del contratto di agenzia ex artt. 1453 e 1455 c.c.

        il comportamento dell’agente tenuto in un rapporto precedente (nella fattispecie, la ditta era venuta a conoscenza che l’agente si era reso responsabile di un “bidone” ai danni del preponente per il quale aveva in precedenza lavorato)

        la mancata accettazione, da parte dell’agente, delle proposte contrattuali della preponente (che, nella specie, prevedevano l’assoggettamento al vincolo di esclusiva, il conseguente abbandono dell’incarico presso altra ditta, la corresponsione di provvigioni inferiori)

        la mancata partecipazione ad una riunione indetta dal preponente e l’intempestiva produzione di resoconti e programmi di visita ai clienti

        la rinnovazione della struttura organizzativa aziendale

        l’assunzione, durante il periodo di preavviso, da parte dell’agente plurimandatario, dell’incarico di capoarea dipendente presso la società di cui era già agente con il consenso della preponente, qualora la preponente stessa non dimostri che il comportamento dell’agente era idoneo a ledere in misura considerevole i suoi interessi

        l’invio di una lettera con la quale l’agente aveva adottato espressioni fortemente critiche nei confronti dei responsabili della società preponente, in quanto, in assenza di vincolo di subordinazione gerarchica, dette espressioni avevano una minore valenza lesiva del rapporto fiduciario rispetto a quella che avrebbero avuto nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato

Infine, ove si faccia applicazione analogica, dell’ultimo comma dell’art. 2119 c.c. non costituiscono giusta causa il fallimento o la liquidazione coatta del preponente.

Il recesso per giusta causa deve essere tempestivo in relazione al momento in cui è stato posto in essere il comportamento o comunque è venuto a conoscenza dell’altra parte. La giusta causa, infatti, è costituita da un comportamento talmente grave da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto, e la prosecuzione di quest’ultimo per un tempo che va al di là di quello necessario ad accertare i fatti contraddice l’impossibilità di tale prosecuzione. Ovviamente ciò non toglie che il recesso (con obbligo di preavviso) possa comunque prospettarsi come imputabile all’altra parte.

In merito alla tempestività della contestazione la giurisprudenza ha differenziato, a nostro avviso ingiustificatamente, il recesso del preponente da quello dell’agente.

In particolare è stato affermato che il principio della necessità della contestazione immediata, sia pure sommaria, delle ragioni poste a base del recesso per giusta causa, con la conseguente preclusione di dedurre successivamente fatti diversi da quelli contestati, opera sia per il rapporto di lavoro subordinato che per quello di agenzia – data l’analogia dei due rapporti (fondati entrambi sulla fiducia) – main relazione solo al recesso del datore di lavoro e del preponente, mentre il recesso per giusta causa del lavoratore o dell’agente non è invece condizionato ad alcuna formalità di comunicazione delle relative ragioni, sicché, a tal fine, può tenersi conto anche di comportamenti del datore di lavoro (o del preponente) ulteriori rispetto a quelli lamentati nell’atto di recesso (del lavoratore o dell’agente)

Tuttavia è stato anche ritenuto che, ai fini della legittimità del recesso nel rapporto di agenzia, il preponente non debba fare riferimento – fin dal momento della comunicazione del recesso – a fatti specifici, essendo, al contrario, sufficiente che di essi l’agente sia a conoscenza anche aliunde o che essi siano – in caso di controversia – dedotti e correlativamente accertati dal giudice

L’A.E.C. 26.2.2002 Commercio sembra richiedere la motivazione fin dall’origine laddove nell’art. 12 dispone che “qualora la casa mandante non corrisponda l’indennità di clientelaper fatto imputabile all’agente o rappresentante ne darà motivazionenella lettera di revoca”.

Rimane da esaminare l’aspetto relativo al preavviso nel caso in cui a recedere per giusta causa sia l’agente. Le diverse opinioni poggiano sull’estensione analogica dell’art. 2119 c.c. anche per questo aspetto. Infatti tale norma stabilisce che, se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità sostitutiva del preavviso.

La giurisprudenza prevalente è nel senso che l’agente che recede per giusta causa ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso

Secondo l’indirizzo contrario, l’applicazione analogica dell’art. 2119 c.c. al rapporto di agenzia consente solo l’estensione del criterio della giusta causa quale ragione valida per il recesso in tronco, senza potersi estendere alla speciale previsione che riconosce al lavoratore subordinato recedente per giusta causa il diritto all’indennità di preavviso; con la conseguenza che per il danno derivante all’agente dal recesso dovuto dall’inadempimento dell’altra parte trova applicazione la normativa generale in tema di risoluzione del contratto per inadempimento

L’agente che recede per giusta causa ha inoltre diritto all’indennità suppletiva di clientela ed a quella meritocratica, oltre ovviamente all’indennità per la risoluzione del rapporto. Anche a’ sensi dell’art. 1751 c.c. spetta l’indennità quando il recesso dell’agente sia giustificato “da circostanze attribuibili al preponente”.

 

La clausola risolutiva espressa

L’art. 1456 c.c., al primo comma, dispone che “i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta” e, al secondo comma, che “in questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all’altra che intende valersi della clausola risolutiva”.

 

 L’INDENNITÀ PER LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO

 

 L’attuale disciplina codicistica

Ai sensi dell’art. 1751 c.c., nella stesura voluta dal D.Lgs. n. 65/1999, l’agente ha diritto all’indennità a condizione che:

a)   abbia procurato nuovi clienti o sensibilmente sviluppato gli affari con quelli esistenti. Nulla è detto per il caso in cui l’agente apporti nuova clientela, ma “perda” almeno parte di quella esistente. Il criterio di valutazione non è, dunque, correttamente esposto, perché si dovrebbe piuttosto valutare se vi è stato, nel complesso, un incremento ed in quale misura (l’avverbio sensibilmente è riferito solo agli affari con i clienti già esistenti);

b)   riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con i clienti nuovi e/o con quelli incrementati nel fatturato. Anche in questo caso la formulazione è ambigua, dal momento che non è dato comprendere con precisione quale sia il momento in cui verificare il permanere di tali vantaggi: il momento in cui il rapporto si risolve o quello successivo? Si può infatti ritenere che si sia inteso affermare che la condizione consiste nel fatto che i clienti cui la norma fa riferimento debbano essere tali anche al momento della cessazione del rapporto (cioè non siano andati perduti nel corso dello stesso), altrimenti per verificare se tale condizione sussiste si dovrebbe attendere un certo lasso di tempo dopola risoluzione. Rimane il fatto che può verificarsi che, nell’arco di un breve tempo, l’agente “porti con sé” la clientela annullando così l’apporto dato e sul quale si fonda il diritto all’indennità;

c)   siaequo corrispondere l’indennità tenuto conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti. Si tratta, dunque, di una condizione perché sorga il diritto all’indennità e non di un criterio di quantificazione; per di più aggiuntiva (è significato che l’iniziale disgiuntiva o sia stata fatta modificare nella congiuntiva e).

L’indennità non è dovuta:

        quando il preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agente che, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto. La dizione ricalca quella dell’art. 2119 c.c. e pertanto è fuor di dubbio che si sia inteso fare riferimento ad una giusta causa (si veda il capitolo precedente);

        quando a recedere sia l’agente. Tuttavia il diritto permane se il recesso è giustificato da circostanze attribuibili al preponente; ed a questo proposito non si può fare a meno di rilevare che la diversa formulazione rispetto al recesso del preponente per giusta causa porta a ritenere che basta un comportamento meno grave di quello che non consente la prosecuzione anche provvisoria del rapporto perché l’agente mantenga il diritto all’indennità[4]. Altre eccezioni sono costituite dalla motivazione del recesso per raggiungimento di un’età (che dovremmo ritenere coincidere con quella di pensionamento di vecchiaia), per infermità o malattia per le quali non può essere ragionevolmente pretesa la prosecuzione del rapporto da parte dell’agente;

        quando l’agente, per effetto di un accordo con il preponente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto di agenzia, fattispecie che trova un preciso riscontro nell’art. 1406 c.c. relativo alla cessione del contratto.

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È stata infine introdotta una decadenza dal diritto all’indennità nel caso in cui l’agente non comunichi entro un anno dalla data di cessazione del rapporto dell’intenzione di far valere il suo diritto.

 

La disciplina negli accordi economici collettivi

Gli A.E.C. del 2002 hanno in parte ricalcato quelli ponte del 1992, in parte tenuto conto dell’indirizzo giurisprudenziale che poneva l’accento sul criterio meritocratico contenuto nell’art. 1751 c.c.

Sostanzialmente le componenti dell’indennità per la cessazione del rapporto sono tre, anche se nell’accordo del settore industria ne sembrano apparire due per effetto di un raggruppamento.

 

Indennità di risoluzione del rapporto

c  Spetta indipendentemente dall’iniziativa e dalla causale della risoluzione e da un apporto dell’agente. Fanno eccezione i casi di risoluzione per “ritenzione indebita di somme di spettanza del preponente” e “concorrenza sleale ovvero, per i monomandatari, violazione del vincolo di esclusiva per una sola ditta”.Riteniamo che gli accordi si siano espressi male nel fare riferimento ad una concorrenza “sleale”; tenuto conto anche del riferimento operato per i monomandatari, si dovrebbe intendere “concorrenza” tout court in corso di rapporto, cioè violazione dell’obbligo di esclusiva di cui all’art. 1743 c.c.

c  Si computa sulle provvigioni e sulle altre somme comunque denominate, per le quali è sorto il diritto al pagamento anche se non sono state ancora corrisposte al momento della cessazione del rapporto. Di tali somme fanno parte anche quelle corrisposte a titolo di rimborso, concorso spese, premio.

c  In caso di decesso spetta agli eredi.

c  Il pagamento viene effettuato attraverso accantonamento annuale sull’apposito Fondo (F.I.R.R. = Fondo Indennità Risoluzione Rapporto) presso l’Enasarco.

 

Indennità di clientela

c  Attiene al contratto a tempo indeterminato, o a tempo determinato che sia stato prorogato o rinnovato.

c  Spetta se il rapporto si risolve per un fatto non imputabile all’agente. Non è richiesto, dunque, che tale fatto concretizzi una giusta causa perché si determini la perdita dell’indennità. Se il rapporto è in corso da almeno un anno, non si considera imputabile all’agente il recesso dovuto ad invalidità permanente e totale o successivo (settore industria) al conseguimento della pensione di vecchiaia Enasarco. L’A.E.C. commercio si esprime diversamente: per conseguimento. Le dizioni potrebbero avere un significato differente; infatti l’essere successivo è solo un dato cronologico, mentre la dizione “per”può essere intesa come causa legittimante, cosicchè ove il recesso si verificasse successivamente al pensionamento e per un’altra causa, il diritto potrebbe venir meno.

c  Si computa sull’ammontare globale delle provvigioni corrisposte o comunque dovute fino alla cessazione del rapporto; ne sono pertanto escluse quelle corrisposte o maturate dopo. L’A.E.C. industria vi comprende anche “le altre somme”; l’A.E.C. commercio le somme “a titolo di rimborso o concorso spese o di premio”.

La misura è del 3% per i primi tre anni di durata del rapporto; 3,50% dal 4° e 6°; 4% oltre il sesto; nel settore commercio senza massimali, nel settore industria nel limite di un massimale di 45.000 euro per l’aliquota aggiuntiva (0,50%, 1%) dal quarto anno in poi.

c  In caso di morte spetta agli eredi.

L’indennità di risoluzione del rapporto e quella di clientela, separatamente e congiuntamente, sono dovute nel loro intero ammontare anche se superano la media annuale provvigionale posta come limite dall’art. 1751 c.c.

 

Indennità meritocratica

È stata introdotta dagli accordi economici del 2002 ed è denominata così dall’A.E.C. 26.2.2002 commercio, mentre l’A.E.C. 20.3.2002 industria la considera una componente dell’indennità di clientela. In quest’ultimo accordo è limitata al contratto a tempo indeterminato o a tempo determinato prorogato o rinnovato.

c  Il presupposto perl’insorgenza del diritto è la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 1751 c.c.

c  Nel settore commercio il calcolo va effettuato facendo riferimento alla media delle provvigioni di competenza di un periodo iniziale (rivalutate) e di quello di un periodo finale; tale periodo varia a seconda della durata del rapporto. Sull’importo ottenuto sottraendo dal valore finale quello iniziale si calcola una percentuale dell’1%, per un incremento fino al 33%, del 2% se supera il 33% ma non il 66%, del 3% se supera il 66%.

 

Esempio

Rapporto di durata superiore a 10 anni

Computo valore iniziale:

- media provvigioni primi tre anni

€ 25.800 + 30.900 + 28.800 = 85.500 : 3 = 28.500,00

+ aggiornamento istat (7,2%) = 30.552,00

Computo valore finale:

- media provvigioni ultimi tre anni (36 mesi)

€ 46.400 + 54.200 + 61.900 = 162.500 : 3 = 54.166,67

Incremento:

- valore finale               €54.166,67

- valore iniziale             €30.552,00

 

Incremento                           € 23.614,67

Indennità: 23.614,67 (incremento superiore 66%) x 3% = € 708,44

- Nel settore industria il calcolo viene effettuato con riferimento al volume complessivo dei guadagni provvigionali e di ogni altro compenso percepito dall’agente, oppure del fatturato. Il valore dell’incremento si determina in base alla differenza tra i guadagni o il fatturato di un periodo (variabile secondo la durata del rapporto) iniziale rivalutati e quello di un periodo finale. In relazione al tasso di incremento si determina la misura dell’indennità, che varia dell’1% al 7%.

 

Esempio

Rapporto di durata fino a 5 anni

  • ·        guadagni risultanti dalle ultime 4 liquidazioni trimestrali = €65.000
  • ·        guadagni risultanti dalle prime 4 liquidazioni trimestrali, rivalutati =€ 30.000
  • ·        differenza = € 35.000
  • ·        tasso di incremento = 117%
  • ·        aliquota = 2%
  • ·        indennità = € 700

L’accordo in esame ha introdotto un elemento di complicazione laddove ha stabilito che il raffronto tra dati iniziali e dati finali va effettuato in termini omogenei per cui, in caso di variazione in aumento o in diminuzione intervenute nel corso del rapporto e riguardanti il territorio, la clientela, i prodotti, le provvigioni, gli effetti di tali variazioni vanno neutralizzati non potendo comportare né oneri né vantaggi per nessuna delle parti.

Entrambi gli accordi, infine, hanno stabilito che l’indennità meritocratica si aggiunge alle altre due fino al raggiungimento del limite massimo di cui alla disposizione codicistica. Si prenda il caso di un agente la cui annualità media delle provvigioni ammonti a € 55.000: se l’indennità di risoluzione e quella di clientela ammontano a € 40.000 e quella meritocratica a € 15.000, l’indennità complessiva si riduce a € 50.000 in quanto non può superare la predetta media.

Al contrario, come si è precisato, se l’indennità di risoluzione e quella di clientela ammontassero complessivamente ad € 55.000, l’agente avrebbe diritto al maggior importo non sussistendo per esse alcun limite di importo.

Le modifiche dell’A.E.C. 16.2.2002 commercio

Con il nuovo accordo, in vigore dall’1.3.2009, sono state apportate alcune modifiche agli artt. 11 e 12 disciplinanti l’indennità di fine rapporto.

c  È stato abolito il riferimento al contratto a tempo indeterminato; ogni componente, dunque, ove ne sussistano i presupposti, spetta anche quando il contratto sia a termine.

c  Per l’indennità di risoluzione del rapporto è stato aggiornato il periodo dall’1.1.2002 in poi con l’indicazione delle seguenti percentuali di calcolo: 1% dell’intero ammontare delle provvigioni liquidate (da intendersi in senso lato), con l’integrazione del 3% fino al limite di € 6.200 e dell1% fra € 6.200 e € 9.300 sulle provvigioni liquidate per ciascun anno.

Per una svista è rimasta l’indicazione limitativa del contratto a tempo indeterminato che, invece, è stata soppressa per tutti gli istituti.

c  La perdita dell’indennità di risoluzione del rapporto è stata limitata al caso di“ritenzione indebita di somme di spettanza della preponente”. Pertanto è venuto meno (a dire il vero, inspiegabilmente data la violazione di una delle obbligazioni fondamentale dell’agente) la concorrenza e la violazione del patto di monomandato.

c  È stato riconosciuto il diritto all’indennità di clientela anche in caso di recesso dell’agente per conseguimento della pensione di vecchiaia Inps, con l’ulteriore riferimento a “circostanze attribuibili al preponente (art. 1751 codice civile)”.

c  Sono cambiati i criteri di determinazione e quantificazione dell’indennità meritocratica. Il valore iniziale è costituito dal fatturato (rivalutato) della zona o dei clienti affidati in contratto all’agente, e va rapportato a quello finale di analogo fatturato. Tali valori variano in relazione al periodo di durata del rapporto. Secondo la percentuale di incremento del fatturato si computa una percentuale progressiva da un minimo del 25% al massimo del 100%.

L’accordo 10.3.2010, in vigore dall’1.4.2010, ha apportato correttivi alla disciplina relativa all’indennità di risoluzione del rapporto, all’indennità suppletiva di clientela ed all’indennità meritocratica che vengono illustrati nell’articolo a pag. 133.

 

Esempio

Riportiamo di seguito un esempio di calcolo di indennità meritocratica.

Per poter effettuare correttamente tutti i calcoli, prima di affrontare quello relativo all’indennità meritocratica, riportiamo anche quelli dell’indennità di risoluzione del rapporto e dell’indennità suppletiva di clientela.

L’agente plurimandatario ha svolto la propria attività in favore del preponente per dieci anni, dal 01/01/1999 al 31/12/2008.

L’indennità di risoluzione del rapporto è stata versata annualmente al FIRR. È calcolata nella misura dell’1% sull’ammontare delle provvigioni liquidate, integrata nella misura del 3% fino al limite di € 6.200 annui (L. 12.000.000 per gli anni fino al 2001 compreso) e integrata nella misura dell’1% per la parte di provvigioni fra € 6.200 e € 9.300 (L. 12.000.000 e L. 18.000.000 l per gli anni fino al 2001 compreso).

 

Indennità di risoluzione del rapporto

N. anno

Anno

Fatturato

Provvigione (15%)

Calcolo FIRR annuale

1%

3%

1%

1

1999

€  88.000,00

€13.200,00

€  132,00

€ 185,92

€ 30,99

2

2000

€  97.000,00

€14.550,00

€  145,50

€ 185,92

€ 30,99

3

2001

€104.000,00

€15.600,00

€  156,00

€ 185,92

€ 30,99

4

2002

€120.000,00

€18.000,00

€  180,00

€ 186,00

€ 31,00

5

2003

€135.000,00

€20.250,00

€  202,50

€ 186,00

€ 31,00

6

2004

€144.000,00

€21.600,00

€  216,00

€ 186,00

€ 31,00

7

2005

€186.000,00

€27.900,00

€  279,00

€ 186,00

€ 31,00

8

2006

€175.000,00

€26.250,00

€  262,50

€ 186,00

€ 31,00

9

2007

€192.000,00

€28.800,00

€  288,00

€ 186,00

€ 31,00

10

2008

€202.000,00

€30.300,00

€  303,00

€ 186,00

€ 31,00

     

Totali

€2.164,50

€1.859,77

€309,96

     

Totale complessivo

€4.334,24

 

L’indennità suppletiva di clientela è calcolata nella misura del 3% sulle provvigioni maturate nei primi tre anni di durata del rapporto di agenzia, nella misura del 3,50% dal quarto al sesto anno e nella misura del 4% per gli anni successivi.

 

Indennità suppletiva di clientela

N. anno

Anno

Fatturato

Prov. 15%

Calcolo indennità annuale

3%

3,50%

4%

1

1999

€     88.000,00

€ 13.200,00

€ 396,00

   

2

2000

€     97.000,00

€ 14.550,00

€  436,50

   

3

2001

€   104.000,00

€ 15.600,00

€ 468,00

   

4

2002

€   120.000,00

€ 18.000,00

 

€630,00

 

5

2003

€   135.000,00

€ 20.250,00

 

€708,75

 

6

2004

€   144.000,00

€ 21.600,00

 

€756,00

 

7

2005

€   186.000,00

€ 27.900,00

   

€1.116,00

8

2006

€   175.000,00

€ 26.250,00

   

€1.050,00

9

2007

€   192.000,00

€ 28.800,00

   

€1.152,00

10

2008

€   202.000,00

€ 30.300,00

   

€1.212,00

     

Totali

€1.300,50

€2.094,75

€4.530,00

     

Totale complessivo

€7.925,25

 

Per quanto concerne l’indennità meritocratica, così come previsto dall’art. 12bis, deve essere determinato il valore reale dell’incremento del fatturato. Per la determinazione percentuale dell’incremento si porranno a confronto i valori del volume del fatturato (inteso come volume delle vendite effettuate dalla casa mandante nella zona o per la clientela affidata all’agente) all’inizio del rapporto con i valori del fatturato al termine del rapporto.

Il valore iniziale deve essere rivalutato secondo i coefficienti di rivalutazione ISTAT per i crediti di lavoro.

Al fine della determinazione del periodo iniziale e finale, bisogna fare riferimento alla tabella riportata all’art. 12bis. Nel caso in esame, poiché il rapporto è durato 10 anni, bisognerà considerare come valore iniziale la media annua del volume di fatturato dei primi 16 trimestri e come valore finale la media annua del volume di fatturato degli ultimi 16 mesi.

 

N. anno

Anno

Fatturato

Rivalutazione ISTAT

Media

1

1999

€  88.000,00

€107.210,40

€119.632,75

2

2000

€  97.000,00

€115.216,60

3

2001

€ 104.000,00

€120.588,00

4

2002

€ 120.000,00

€135.516,00

5

2003

€ 135.000,00

Anni non considerati per il calcolo

6

2004

€ 144.000,00

7

2005

€ 186.000,00

€198.369,00

€196.200,38

8

2006

€ 175.000,00

€183.312,50

9

2007

€ 192.000,00

€201.120,00

10

2008

€ 202.000,00

€202.000,00

Nota: nell’esempio, per semplificare, abbiamo evidenziato solo il totale fatturato dei primi e degli ultimi 4 anni (corrispondenti ai primi e ultimi 16 trimestri), senza il dettaglio di ogni trimestre.

 

Dal rapporto fra i due valori, si ricava che l’incremento è stato del 64%.

L’art. 12, punto III, prevede che la quantificazione dell’indennità meritocratica è pari alla differenza fra un valore non inferiore a quello individuato nelle diverse ipotesi descritte nella tabella di seguito prevista e quanto di competenza dell’agente a titolo di indennità di risoluzione del rapporto e indennità suppletiva di clientela. Quindi:

Indennità meritocratica = “valore previsto da tabella” – (FIRR + Indennità suppletiva clientela)

Dalla tabella, si ricava che, nel caso di rapporto di durata maggiore o uguale a 60 mesi, con un incremento del fatturato compreso fra 60% e 150%, tale valore deve essere uguale al 60% del valore massimo previsto dall’art. 1751 c.c., cioè un’indennità annua calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni.

Pertanto:

Valore indennità annua media (ex art. 1751 c.c.): €26.970,00

“Valore previsto da tabella”=  € 26.970,00 x 60% = € 16.182,00

A questo punto, riprendiamo l’equazione precedente:

Indennità meritocratica = “valore previsto da tabella” – (FIRR + Indennità suppletiva clientela)

Indennità meritocratica =  €16.182,00 – (€ 4.334,24 + € 7.925,25) = € 3.922,51

Infine, come nella disciplina previgente, verifichiamo che l’indennità così calcolata, non sia superiore “alla differenza fra la somma di indennità di risoluzione del rapporto e indennità suppletiva di clientela ed il valore massimo previsto dall’art. 1751 c.c.”

Indennità meritocratica <= indennità annua media (art. 1751 c.c.)  – (FIRR + Indennità suppletiva clientela)

Ed effettivamente,

€ 26.970,00 - (€ 4.334,24 + €7.925,25) = € 14.710,51

 

L’indennità calcolata (€ 3.922,51) risulta inferiore al limite massimo previsto.

Le parti collettive si sono rese conto che, nonostante un miglioramento, i singoli agenti possono rivolgersi al giudice per chiedere una diversa quantificazione dell’indennità ed hanno stabilito che, a parte l’indennità di risoluzione del rapporto che viene liquidata dall’Enasarco, l’indennità di clientela e quella meritocratica siano versate entro trenta giorni (sessanta giorni secondo il correttivo apportato dall’accordo 10.3.2010 in vigore dall’1.4.2010) dalla cessazione del rapporto presso la Commissione di conciliazione competente al fine di rendere inoppugnabile la rinuncia a somme ulteriori ai sensi degli artt. 2113, quarto comma, c.c. e 410 e 411 c.p.c.

Ciò comporta che le organizzazioni di categoria degli agenti firmatarie non si dovranno prestare a sostenere rivendicazioni contrastanti con quelle stabilite nell’accordo economico; il che potrebbe effettivamente ridurre il contenzioso. Ovviamente ciò non impedisce all’agente di farsi assistere da altre organizzazioni o soggetti.

In proposito va osservato che la disposizione in esame riguarda solo gli agenti individuali che operano in regime di parasubordinazione. Le norme codicistiche sopra richiamate, infatti, non si applicano agli agenti in forma societaria. Per questi ultimi vi è, semmai, da chiedersi se possano dismettere un diritto che l’art. 1751 c.c. dichiara inderogabile.

La risposta può essere data usando come strumento di interpretazione l’art. 19 della Direttiva Cee il quale stabilisce che “le parti non possono derogare, prima della scadenza del contratto, agli articoli 17 e 18 a detrimento dell’agente commerciale”.

Ci sembra piuttosto singolare che all’agente individuale sia consentita la rinuncia ed un diritto derivante da una norma inderogabile di legge, sia pure in ben precise e qualificate sedi, ed altrettanto non sia concesso, a rapporto concluso, ad una società agente che non ha le tutele di cui all’art. 2113 c.c.